Prendono il nome dall’ultima famiglia di ramai-imprenditori che le hanno tenute in attività fino al 1970. La loro costruzione però è antichissima, come i congegni ancora presenti e ben conservati al loro interno. è appartenuta al Convento di San Francesco e si trovava sui terreni del Principe di Santo Buono, come si rileva da una mappa del 1754 redatta dall’agrimensore Michele della Croce che fa rilevare, inoltre, l’esistenza di diverse attività legate alla forza ricavata dalle acque del torrente Verrino. Esse erano mulini, gualchiere ma soprattutto fonderie del rame. Per avere energia dall’acqua si procedeva a prelevarla dal fiume con appositi canali di derivazione fino a capienti bacini (maretti); qui l’acqua veniva convogliata in una strettissima condotta che nella caduta generava una forte pressione che andava a scaricarsi sulle pale di enormi ruote di legno che, a loro volta, attraverso alberi di trasmissione appositamente realizzati, azionavano pesanti magli. I forni di fusione del rame erano quasi sempre tenuti accesi per mantenere la temperatura a regime, e la fiamma era tenuta viva dall’aria insufflata da apposite condotte sempre azionate con l’energia generata dall’acqua. Il rame fonde a circa 1100°. Con un’apposita “asta” si saggiava il liquido incandescente che, una volta fusosi in maniera ottimale, veniva raccolto dal crogiuolo con appositi mestoli rivestiti di materiale refrattario e versato in apposite coppe metalliche (rivestite sempre di materiale refrattario) per una parziale solidificazione. I panetti di rame ancora caldi venivano lavorati sotto i pesanti magli, tenuti con apposite tenaglie che i “maglianti” movevano con la precisione di un meccanismo di orologio per evitare danni alla lamina dei vasi che si andavano a formare. Chi ha visitato le fonderie dice che è ancora possibile avvertire l’acre odore del carbone che brucia , il calore intenso generato dal forno, il rumore che potevano fare i magli… rumore che si avvertiva fin su al paese! è stata una delle primissime industrie con turni lavorativi ben distribuiti nell’arco della giornata. Una delle prime dotate di stanze per dormire e mensa per gli operai. Anche qui giunse la corrente elettrica, ma questa veniva prodotta in loco, con acqua del Verrino, con una “turbina Pelton” appositamente acquistata. Il massimo della modernità si ebbe quando entrò in azione un tornio per la lavorazione dei metalli nell’opificio… la vecchia fonderia stava “voltando pagina”. L’avvento dell’acciaio inox, dell’alluminio… della plastica, con i loro prezzi concorrenziali e con la loro praticità d’uso, decretarono la lenta agonia ed infine la chiusura delle antiche fonderie del rame. Archeologia industriale, immersa in una natura rigogliosa, silenziosa adesso, che genera pace!
Una visita guidata vi farà scoprire un mondo fatto di gente semplice e tenace, laboriosa e creativa. Visita su prenotazione. Non perdetevela.
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